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L’underwater di San Vito Lo Capo

2023-02-04 18:17

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L’underwater di San Vito Lo Capo

Quando la redazione di un mensile per cui scrivo mi ha chiamato per dirmi se fossi stato nelle condizioni di fare un pezzo su San Vito lo Capo...

 

 

 

 

Quando la redazione di un mensile per cui scrivo mi ha chiamato per dirmi se fossi stato nelle condizioni di fare un pezzo su San Vito lo Capo ho pensato di essere su “Scherzi a parte”.

Era il pomeriggio tardo di un venerdì e, mentre passeggiavo su Via Savoia concentrato sulla ricerca del posto migliore dove andare a cenare assieme ad Evelyn, con lo sguardo cercavo di cogliere qualcuno che potesse giustificare il motivo di quella telefonata che, per la prima volta, mi dava l’indirizzo editoriale senza lasciarmi la consueta libertà di scelta sul pezzo da produrre.

Già, perché Via Savoia è l’arteria principale di San Vito ed io ero proprio lì durante il week end per godere, ancorchè in pochi giorni, delle meraviglie sommerse che si presentano davanti alla mia fotocamera ogni qualvolta mi immergo nell’incantevole specchio d’acqua compreso fra il Golfo del Cofano ad ovest ed il promontorio dello Zingaro ad est.

San Vito è uno dei più ricercati luoghi turistici della Sicilia occidentale, tappa obbligata per chi desidera conoscere natura ed atmosfera di un punto dell’Isola ricco di fascino e storia.

E poi, la straordinaria bellezza della sua spiaggia chiara spezzata dall’azzurro di un mare dal sapore tropicale, eletta più volte la migliore sul territorio italiano e fra le migliori su quello europeo.

Se tuttavia mi fossi soffermato a scrivere di ogni peculiarità che caratterizza quello splendido e variegato territorio, avrei rischiato di dilungarmi senza cogliere nel segno la missione che mi era stata affidata.

E allora, nell’ambito dello spazio concesso, arricchito dalle immagini portate in superficie, mi sono tuffato sperando di trasferire a chi avrebbe dovuto leggere anche solo una infinitesima parte delle mie sensazioni.

Ed ho iniziato dall’incantevole scenario del Golfo di Macari, proprio quello della famosa serie televisiva, dove le pareti sommerse di Punta Negra - uno dei miei siti preferiti - iniziano a svelare la loro bellezza a partire da meno di 100 metri dalla costa conducendo, attraverso gradoni e salti costanti, fino ad oltre 50 metri di profondità.

Un’immersione ricca sempre di sorprese sia per l’immancabile pesce stanziale che può incontrarsi, ma soprattutto per le numerose colonie di Gorgonia rossa, che rappresentano una costante cromatica dal forte impatto, al pari dell’intensità della luce proveniente dal fondale di sabbia sottostante ed altamente riflettente.

Le cavità in parete custodiscono ancora qualche ramo di Corallo rosso che, a polipi aperti, rappresenta uno dei soggetti statici più belli da immortalare.

Spostandomi poi ad est di San Vito, l’antica tonnara, situata all’interno del Golfo del Firriato, rappresenta uno degli elementi identitari del luogo.

Come il Kent - uno dei relitti più ricercati dall’intera comunità subacquea – che “vive” lì da più di quarant’anni, sul fondo del mare tra Punta Spadillo e Punta Forbice, a circa 50 metri di profondità, nel suo fiero assetto di navigazione.

Era il 7 luglio del 1978 quando, dopo una lenta agonia, iniziò ad affondare legato alla catena dell’ancora che lo aveva fino a quel momento sostenuto.

Nel suo ultimo viaggio era partito da Siracusa diretto in Nigeria e, chissà per quale strana motivazione, portava con sé un carico di Corani, degli zampironi e tante sigarette.

Nato nel '57, fino a quando un incendio lo ha assalito irrimediabilmente senza tuttavia conseguenze per l’equipaggio, nessuno avrebbe potuto immaginare cosa stesse per accadere nell’attimo in cui, affondando per sempre, il Mediterraneo lo avrebbe accolto amorevolmente nel suo grembo per farlo poi risorgere a nuova vita.

Il Kent emana un fascino particolare, a partire dalla coperta posta sulla quota dei 38 metri dove gli scorfani, principali protagonisti del teatro faunistico vivente su quel relitto, ti accolgono quasi ti stiano aspettando.

E lo fanno in un ambiente insolito, ma probabilmente più adatto di altri, se si considerano le abitudini di quei pesci legate alla disponibilità di cibo e al tipo di rifugi offerti dallo scafo che ne rappresenta una dimora confortevole, in buono stato di conservazione e letteralmente colonizzata dalle più svariate forme di vita.

Difficile tentare di descrivere la nuova vita donata dal Mare al Kent, che sembra continuare a navigare sul fondo; difficile immaginare come un immenso corpo estraneo sia stato “adottato” e trasformato in un’oasi, in cui la diversità biologica lascia stupefatti gli osservatori attenti.

L’unica “arma” in mio possesso è la fotocamera, con la quale ho cercato di riportare in superficie le claveline che aderiscono al ferro del relitto, le spugne a guisa di cannule protese verso l’alto, gli sciami di castagnole e qualche timida aragostina pronta a ritirarsi al minimo segno di pericolo.

Se si potesse disporre di una scorta d’aria importante, senza tuttavia temere le conseguenze di una decompressione infinita, si potrebbe pinneggiare fino alla Secca delle Cataratte, situata proprio vicino al Kent. 

Ricchissima di rosse Gorgonie e frequentata sia da pesce stanziale che pelagico, le Cataratte iniziano con un cappello posto ai 20 metri di quota fino a raggiungere grossi scogli simili a faraglioni fra i 30 ed i 50 metri di profondità, che presentano spunti fotografici interessanti anche per i più esigenti.

La Grotta Perciata, la Grotta delle Colonne e quella dell’acqua dolce, dell’arco, del camino e dei gamberi (quest’ultima fra le più profonde), ci danno lo spunto per far comprendere che anche gli amanti del “cave” puro non rimarrebbero per nulla delusi.

Il mio viaggio ideale fra i fondali di San Vito potrebbe continuare ancora per molto, potrei scrivere della Secca di Calarossa o di quella del Faro, della Parete della Tonnara o di quella di Calampiso ma, nel corso dell’ultima mia permanenza in quello straordinario lembo isolano, ho coronato il sogno di raggiungere il Corallo nero della Croce al quale, prima o poi dovrò dedicare lo spazio che merita.

Per chi avrà la voglia di leggermi qualche lucida immagine di quella che è stata l’esperienza subacquea più bella ed impegnativa della mia vita.

Mentirei se dicessi che la notte prima io abbia dormito serenamente, mentirei se affermassi di essere convinto che quel Paradiso sommerso potesse essere riportato in superficie attraverso i miei scatti, non mento se penso che ho ancora il cuore in gola…

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