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Scilla, le ragioni di un Area Marina Protetta
“Le Aree Marine Protette: sono troppo poche e di dimensioni ridotte. Potenziare le Aree Marine Protette significa tante bandiere blu con una grande ricaduta sul turismo”.
Così il Ministro dell'Ambiente Sergio Costa si è espresso durante la cerimonia di inaugurazione dell'anno di ricerca della stazione zoologica Anton Dohrn e noi vogliamo trarre spunto dalle sue significative considerazioni per proporre lo sviluppo di un’ idea che buona parte della comunità subacquea, non solo meridionale, senz’altro condivide: l’istituzione dell’Area Marina Protetta di Scilla.
Pur nella consapevolezza che non si tratta di un obiettivo a breve termine, riteniamo comunque necessario e quasi doveroso contribuire all’avvio del processo, mettendo a disposizione la nostra esperienza locale e la conoscenza approfondita ed aggiornata dei fondali al fine di promuovere una divulgazione preliminare a supporto di coloro che, a qualsiasi livello, intenderanno sposarne la causa.
Per definizione data dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare, le AMP “sono costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicenti, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l'importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono”.
Nel caso specifico, tale caratterizzazione appare assolutamente in linea con le peculiarità intrinseche del sito in questione. V’è di più. Fra Sud Italia ed Isole Maggiori, le Aree Marine Protette risultano numericamente così suddivise: Puglia 3, Campania 4, Sardegna 5, Sicilia 7, Calabria 1.
Anche territorialmente, pertanto, su una Regione come la Calabria, la cui unica AMP è quella di Isola Capo Rizzuto, sarebbe quantomeno giustificata l’individuazione di “un’Area Marina di Reperimento" che rappresenta il primo step per l’istituzione di un’Area Marina Protetta.
A tal fine è necessario innanzitutto disporre di un aggiornato quadro di conoscenze sull'ambiente naturale d'interesse, oltre ai dati di base sulle attività socio - economiche che si svolgono nell'area. In tal senso gli studi si articolano generalmente in due fasi: nella prima viene esaminata la letteratura già esistente, nella seconda vengono effettuati gli approfondimenti necessari per delineare un quadro conoscitivo completo, prodromico ad un concreto ed armonico consenso fra Ministeri interessati, Regione ed Enti locali. Fin qui l’iter ordinario. Ora, considerato che Scilla non rientra fra le Aree Marine di Reperimento ed anche tenuto conto dell’impulso impresso dal Ministro, la via percorribile potrebbe essere un iter “abbreviato” in analogia con quello che, nel corso del giugno dell’anno 2018, ha portato alla definizione dell’Area Marina Protetta di Capo Milazzo.
Trattandosi di una decisione principalmente di natura politica, la divulgazione, anche attraverso articoli come questo, è sicuramente basilare per iniziare a rappresentare agli Organi preposti le ragioni e la nobiltà di una scelta che certamente potrebbe dare un nuovo impulso all’economia locale. In particolare, come già avvenuto in altri contesti (Ustica e Portofino per fare qualche esempio) attraverso la valorizzazione del territorio dal punto di vista turistico (di cui la subacquea è ormai una risorsa) e la regolamentazione, il sostegno e la salvaguardia della pesca locale, che potrebbe beneficiare di grandi opportunità grazie alla tutela degli ecosistemi costieri.
Una costa unica per la sua peculiare bellezza, al punto dai ispirare la mitologia greca che rappresentava Scilla come una splendida ragazza trasformata in un mostro a sei teste per gelosia ed invidia dalla maga Circe.
Quella originaria bellezza sembra essere oggi incarnata nel borgo marinaro di Chianalea, che di Scilla è una frazione e che conserva ancora intatti il fascino e la struttura, facilmente apprezzabili con una piacevole passeggiata a piedi di pochi minuti.
In questo luogo il mare e la terra si abbracciano quasi sensualmente e l’opera architettonica dell’uomo si integra in questo abbraccio in modo sapiente e rispettoso. Attraverso scorci, terrazze e balconi affacciati sul mare, ci si immerge in un luogo fiabesco i cui fondali, unici per il Mediterraneo, sono caratterizzati da impetuose correnti e da una straordinaria geomorfologia sommersa.
E se da un lato le correnti sono l’anima vera di questo angolo dello Stretto di Messina, regalando ai fondali, attraverso un flusso costante ed a volte impetuoso, una grande ricchezza di vita, dall’altro sono proprio le stesse correnti a “regolare” l’attività subacquea.
Con impressionante precisione si assiste ad una serie di movimenti idrodinamici, in entrata ed in uscita dallo Stretto, che si sovrappongono ed alternano durante le ventiquattro ore ad intervalli regolari di circa sei ore e che sono notevolmente condizionati dalle fasi lunari.
Correnti, maree, fasi lunari: c’è qualcosa di arcaico che ritorna, al di là del nome mitologico della località.
Così come sono mitici per i fortunati sub che li hanno visitati la parete ricoperta di rigogliose gorgonie rosse e gialle (Paramuricea clavata) e gli eterei Cerianti (Cerianthus membranaceus) della “Montagna”, una delle immersioni considerate, a ragione, fra le top del Mediterraneo.
Ma non è l’unico “tuffo” eccezionale del posto.
A qualche miglio a largo del borgo di Chianalea troviamo infatti la secca della M’paddata, caratterizzata da maestose guglie intervallate da profonde spaccate, che nel tempo hanno provocato la perdita di lenze ed esche rimaste impigliate; fatto da cui deriva il nome. Qui è la varietà del coralligeno a farla da padrone ed a fianco della classica gorgonia giallorossa, si erge una superba colonia di Savalia savaglia. Poco distanti la secca delle “cento cipolle”, così chiamata perché un tempo era ricchissima di scorfani rossi (cipolle, appunto, in gergo calabrese dialettale) ormai rimaneggiati nel numero e quella “delle ombrine” che non necessita di ulteriori spiegazioni. In entrambe colpisce anche la ricchezza di tunicati (Clavelina lepadiformis), che si concentrano a grappoli sulle gorgonie e sulle immancabili lenze e delle laminarie di non comune grandezza, segni inequivocabili di un’inusitata ricchezza di vita. Purtroppo, però, ai visitatori più assidui ed attenti non sfugge qualche cambiamento, comunque circoscritto, intervenuto negli ultimi anni, che riguarda la scogliera cosiddetta “a Paramuricea clavata” la quale è oggetto di una regressione resa evidente nelle zone meno profonde dalla perdita di alcune delle ramificazioni coloniali.
Occorre quindi che questo mare abbia la giusta cura ed attenzione, che solo l’istituzione di un’Area Marina Protetta può garantire attraverso la tutela sapiente dell’ambiente e lo sviluppo scientifico, ecologico, culturale ed economico delle evidenti ed eccezionali potenzialità locali.
L’intera Comunità Subacquea non può che assicurare il proprio supporto.
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