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La Baia di Soverato custode dei suoi Destrieri

2023-01-08 17:37

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La Baia di Soverato custode dei suoi Destrieri

Lo so, quando scrivo dei luoghi di Calabria dovrei tenere a bada cuore e sentimenti per non apparire di parte...

 

 

 

 

Lo so, quando scrivo dei luoghi di Calabria dovrei tenere a bada cuore e sentimenti per non apparire di parte.

Ma se le regole sono nate per essere solo ogni tanto infrante ed alcuni luoghi rievocano desideri adolescenziali associati a qualcosa di apparentemente irraggiungibile, cuore e sentimenti prevalgono dando i giusti impulsi alla tastiera che, negli anni, ha preso il posto della penna.

Vivido è infatti il ricordo delle corse improvvisate organizzate per raggiungere, da Reggio, le frequentatissime spiagge di Soverato e rimanere lì, fino al mattino successivo, con la musica della notte mixata fra una discoteca e l’altra, aspettando il sorgere del sole che piano piano specchiava la sua luce soave sulla Baia dal mare cristallino. 

Eravamo ragazzi e le fughe da casa erano adrenalina pura che prendeva il sopravvento sul sonno perso solo per vivere momenti che, già a quel tempo, immaginavamo di raccontare addirittura ai nostri figli…

Quella Baia però custodisce nel proprio grembo qualcosa di indescrivibile anche adoperandosi con la fantasia più sfrenata che, a distanza di tanti anni, si è finalmente disvelata ai miei occhi, come dirò in seguito, superando la sfera della leggenda e della mitologia.

Denominata la Baia dell’Ippocampo – situata nel tratto di mare delimitato, a sud, dalla foce del fosso La Scrofa e, a nord, dalla foce del fosso Mortara e del torrente Soverato – essa deve fondamentalmente la sua connotazione ai racconti tramandati dei turisti dell’epoca e dei pescatori del luogo che, fin dagli anni ’60, anche per enfatizzarne la tipicità e l’unicità, non perdevano occasione di affermare che i cavallucci marini fossero stati presenti in abbondante quantità, visibili addirittura sulla battigia o estratti dalla reti e fatti essiccare per essere poi trasformati in oggetti ornamentali.

Probabilmente anche per questo, in epoca successiva, l’Ippocampo ha ritenuto che la sua presenza, almeno a quelle condizioni, fosse di troppo ed ha pensato bene di cambiare dimora, ma solo spostandosi di poche decine di metri in linea d’aria e di qualche metro giù in fondo al mare, lasciando credere che fosse scomparso per sempre.

L’attività dei subacquei, in particolare di coloro che hanno sempre creduto nelle potenzialità di quel sito, ha “riportato in vita” l’Ippocampo al punto che quei soggetti strani che si trascinano, bombole in spalla, fra lettini ed ombrelloni, raggiungono la Baia da ogni parte d’Italia pronunciando, a fine immersione, la più classica delle recensioni: “il tuffo merita il viaggio”.

L’eco della recensione è arrivato anche a chi scrive e, nel momento in cui ho pensato di scrivere “qualcosa” su Soverato, meritatissima Bandiera Blu anche nel 2022, dovevo solo scegliere la struttura migliore che potesse ospitarmi e guidarmi secondo le esigenze, spesso insopportabili, di un divulgatore naturalista subacqueo.

Le coordinate consigliate risultavano coincidere con quelle del Diving Made in Sub, ubicato proprio in prossimità della spiaggia al centro della Baia.

L’accoglienza e l’affabilità di Salvatore, Danilo e Luigi mi hanno emozionato senza sorprendermi: siamo nella terra in cui si è capaci di accogliere a braccia aperte senza pregiudizi di sorta…

Ciò che più mi ha colpito sono state la loro preparazione, la loro rigorosità ma soprattutto la conoscenza puntuale del sito e delle dinamiche ad esso associate: lì non ci si può immergere da soli, è necessario essere accompagnati da una guida esperta.

Giusto il tempo per assemblare le attrezzature e sincerarsi del corretto funzionamento di fotocamera, luci e flash per trovarci, a circa 60 metri dalla battigia, su profondità variabili dai 6 ai 10 metri.

In pieno fondale sabbioso, i primi scatti sono dedicati alle suggestive Stelle pettini maggiori, che rappresentano il preludio alle praterie di Cimodocea, la pianta marina che per i Cavallucci marini è l’appiglio naturale: senza di essa, l’Ippocampo non avrebbe alcun modo di sopravvivere, in balia di onde e correnti.

Tra le verdi macchie, le luci dei flash fanno fatica ad inseguire gli irrequieti Cavallucci i quali, come a volerci mostrare un impercettibile pericolo, ci guidano verso il drop off che separa il tranquillo fondale su cui ci troviamo assestati dal declivio che sprofonda gradualmente fino ai 100 metri ed oltre di profondità.

Ed è proprio su quella soglia limite che il plancton risale e diviene elemento essenziale per il nutrimento degli Ippocampi: ecco spiegato uno dei motivi per i quali quella Baia diventa la loro prediletta dimora.

Altra situazione ideale per la tranquillità del Cavalluccio è l’assenza del pesce predatore nella fascia compresa tra i 5 ed i 10 m di profondità.

Non è più leggenda, gli Ippocampi si presentano in tutte le loro specie: l’Ippocampo camuso, l’Ippocampo corto ed addirittura il Pesce ago cavallino.

Dinamici, particolarmente impostati sotto il profilo corporeo, talvolta poco inclini alla posa, ma non certamente stressati al punto da poter interagire con loro, immortalando persino i maschi in stato di gravidanza.

E’ tempo di rientrare volgendo lo sguardo ed il fish – eye ai giocolieri della sabbia: i Pesci pettine che, nella cornice della Baia, nuotano indisturbati e si tuffano nella sabbia, scomparendovi all’improvviso e facendo disperare il povero fotografo subacqueo, costretto ad inseguirli per rendere onore alla loro forma ed ai loro colori.

E così, intento a chiudere un racconto dedicato all’affascinante Mare di Soverato, provo infinito orgoglio nell’essere figlio di una splendida terra: un figlio di Calabria.

 

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