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Il mare della mia infanzia

2019-11-07 17:50

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Il mare della mia infanzia

Il mare della mia infanzia è quello delle estati torride di Saline. Superato il ponte della ferrovia, da un lato una spiaggia infinita, che anno dopo

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Il mare della mia infanzia è quello delle estati torride di Saline. Superato il ponte della ferrovia, da un lato una spiaggia infinita, che anno dopo anno verrà divorata dalle onde, dall’altro, all’ombra della grande ciminiera della Liquichimica, le calette chiuse da grandi massi di cemento, che per noi ragazzini erano le porte di nuovi mondi da scoprire, sull’affascinante confine tra terra e acqua. Quel mare, colorato di tanto in tanto dalle barche in legno dei pescatori, era la meta quotidiana delle scorribande in bicicletta, delle corse assordate dal grido del due tempi della Vespa, era lo sfondo di storie iniziate chissà quando, cresciute di racconto in racconto, rese vivide dalla curiosità e dallo stupore. Tra queste storie c’era quella di una nave tedesca affondata durante la guerra e da tempo adagiata sui fondali dello Jonio, al largo di Lazzaro, così lontana dal limite delle nostre brevi immersioni in apnea. Quante volte l’ho quasi cercata con lo sguardo, immerso nei miei pensieri mentre in auto mi lasciavo alle spalle la lingua di mare dello Stretto.  Mai avrei pensato, un trentennio più tardi, di trovarmi di fronte alla "Bettolina" di Lazzaro,  di poterla quasi toccare con mano, e di scoprire come un relitto insabbiato possa fondersi con l’ambiente marino fino a prendere vita. A farmi questo regalo è Giovanni Laganà, che ha deciso di condividere attraverso un blog la sua passione per il mare e per la fotografia subacquea. Una passione che inizia proprio nel "mio" mare di Saline, che oggi, grazie ai suoi scatti, sprigiona una meraviglia inarrivabile persino per la sconfinata fantasia di un ragazzino. Anzi credo sia proprio quell’approccio puro, meravigliato, curioso e rispettoso di fronte ai tesori del mare, a rendere ogni immagine ricca di pathos e di emozione. Giovanni riesce a fare immedesimare lo spettatore, a fargli indossare la muta e a trascinarlo in una nuova dimensione, aprendo ai suoi occhi uno scrigno di bellezze, mostrandogli l’incanto di forme e colori che danza tra le correnti in perfetta armonia con il silenzio dello Jonio. A dare il valore delle opere di Giovanni Laganà credo non sia tanto l’eccellente risultato tecnico delle sue fotografie - per la composizione, la padronanza della luce, la tridimensionalità dell’immagine -, o la indiscutibile sensibilità alla bellezza delle specie catturate con il suo obiettivo. E’ il senso di abbandono alla natura che riesce a trasmettere, la serenità, l’equilibrio. L’armonia, appunto, tra ciò che vive in fondo al mare e la parte più intima di noi stessi, l’anima che riusciamo a ritrovare nel silenzio degli abissi. Da creature mostruose, dal caos di forme indefinite, Giovanni Laganà trova l’ordine. Quasi un tuffo nelle origini, un viaggio iniziatico di purificazione del sé, una "discesa all’Ade e resurrezione" per citare Elémire Zolla. "Sarà lì che vivrò per sempre..." scrive Giovanni Laganà, mentre svela ai nostri occhi profani il mondo segreto - tra natura e spirito - che si cela sotto il filo del mare.  

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